In questo articolo abbiamo parlato di di Skill Mismatch, ovvero del gap tra ciò che viene ricercato dalle aziende e le competenze offerte dai candidati; nell’epoca dell’Industria 4.0 c’è bisogno di maggiore specializzazione e conoscenza quantomeno discreta dell’uso di dispositivi digitali, ma la realtà è ben diversa. Il risultato è un sempre maggior numero di persone alla ricerca di lavoro, e parallelamente un altrettanto alto numero di posti vaganti.

 

Una soluzione al problema è maggiore formazione da parte dei candidati: acquisire dimestichezza con il digitale e, a seconda della mansione ricercata, di strumenti adeguati, può aumentare le chance di essere assunti.

 

Con alfabetizzazione digitale o informatica si intende la capacità di utilizzare i nuovi media e di accedere alle informazioni tramite strumenti digitali; i cosiddetti nativi digitali lo danno per scontato, ma ancora oggi molte persone hanno poca o nessuna familiarità con computer, internet, o addirittura con uno smartphone.

 

Secondo l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), solo il 21% degli italiani ha un livello di alfabetizzazione digitale adeguato. Questo dato è emerso in maniera più incisiva – e preoccupante – durante la prima ondata di Covid, quando molti operatori sono rimasti in un limbo fatto di lavoro a distanza, strumenti inadeguati e nessuna formazione su come svolgere le proprie attività da soli al pc.

 

Le cause sono molteplici e complesse: di certo alla base c’è un problema culturale, una forte sfiducia nella tecnologia, e poco interesse nel digitale. Le istituzioni non hanno contribuito in maniera positiva; quando dobbiamo accedere a servizi della pubblica amministrazione, ancora oggi abbiamo a che fare con procedure stantie e inutilmente complesse, tra file infinite, operatori disinformati e numeretti presi come fossimo dal salumiere.

 

Intere fasce della popolazione vengono abbandonate a se stesse e alla propria capacità di adattamento, basti pensare ad anziani o persone poco scolarizzate alle prese con SPID, PEC e prenotazioni tramite app.

 

Inoltre, la scuola poco incoraggia un corretto uso del digitale; si danno così per scontate la capacità dei giovani nativi digitali da non considerare nemmeno l’idea di incentivare il loro senso critico per un uso corretto di internet e dei vari device.

 

Nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del dicembre 2006, la competenza digitale viene definita come la capacità di “utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologie della società dell’informazione (TSI) per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione”, ponendo l’accento anche sull’uso in sicurezza delle in formazioni.

 

E le aziende?

 

Gli imprenditori hanno la possibilità (nonché la responsabilità) di proporre soluzioni; ma quali sono allora le possibili soluzioni al problema che un’azienda potrebbe attuare, vista la complessità della questione, almeno nel proprio piccolo?

 

  • Formazione dei propri dipendenti e neoassunti: i candidati non presentano le competenze richieste? Formate i neo assunti, laddove possibile, affinchè colmino eventuali gap
  • Valutazione del Digital Mindset: chiedete la collaborazione di consulenti esperti per valutare l’approccio e la disponibilità ad apprendere l’uso di nuove tecnologie, e individuare colli di bottiglie e resistenze da parte dei dipendenti
  • Introduzione graduale di eventuali novità: quando acquistate nuovi strumenti o nuovi software cercate di strutturare un percorso di formazione adeguato, in modo da prevenire errori
  • Favorire la collaborazione tra nativi digitali e non: individuate le persone più pratiche all’interno del team e rendetele dei tutor per gli altri dipendenti.